Mute (2018)

SHUT UP

Ci speravo tanto ragazzi, veramente. Speravo che dopo quella schifezza plasticosa di Warcraft, Duncan Jones tornasse a fare film “toghi” come Moon e Source Code. Purtroppo le cose non sono andate benissimo, visto che il suo ultimo film, Mute, uscito direttamente su Netflix, è grosso passo falso. L’idea iniziale è stata concepita circa 15 anni fa da Jones, e il progetto si è concretizzato solo quest’anno. Mute è il sequel spirituale di quel piccolo capolavoro di Moon. Un cameriere muto di nome Leo è alla ricerca della sua fidanzata nella Berlino del 2052. Sarà costretto a scontrarsi con due strani personaggi. Il grande problema di questo film è la totale mancanza di originalità. Saccheggiando visivamente (e spudoratamente) da Blade Runner, ma eliminando completamente la poesia, il regista prova ad unire noir e fantascienza, thriller e romance, finendo per costruire un pasticcio poco ispirato e poco coinvolgente. La sceneggiatura scritta insieme a Michael Robert Johnson è stiracchiata all’inverosimile, con dialoghi lunghissimi e poca azione. Non aiuta neanche il cast, a partire dall’insipido protagonista interpretato da Alexander Skarsgård e dalla coppia Paul Rudd/Justin Theroux. Un film completamente sbagliato, senza idee e senza “grinta”, che ha l’unico picco emotivo nella dedica finale di Duncan Jones al padre David Bowie. A questo punto è giusto porsi la domanda: Funziona la strategia di Netflix di “finanziare” direttamente film a medio budget di diversi autori? Direi proprio di no. Questo Mute ne è l’ennesima prova (dopo Bright di David Ayer e The Cloverfield Paradox di Julius Onah).

trash
“la regia piattissima di Duncan Jones e un cast completamente fuori parte”

cult
“la dedica finale a papà David Bowie”

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