Ad Astra (2019)

FATHER AND SON IN SPACE

C’era tanta attesa intorno a questo film. Fantascienza d’autore firmata James Gray con Brad Pitt protagonista assoluto (anche produttore). In parte il film convince, ma… procediamo con calma. La storia racconta della missione verso il pianeta Nettuno del Maggiore Roy McBride. Il suo obiettivo è trovare suo padre scomparso 16 anni prima. Ah, come se non bastasse, deve salvare anche il mondo. Iniziamo col dire che Brad è sempre Brad: bello, bravo, buono e ancora bello. È praticamente in ogni scena e in molti punti è veramente un leone. Poi c’è James Gray alla regia. Anche lui è bravo a dirigere, ma in questo caso è bravo “solo” a dirigere. Immagini incredibili, spettacolari, stupende (merito anche della fotografia di Hoyte Von Hoytema) che ci riempiono gli occhi. Il problema arriva in fase di sceneggaitura. Uno dei grandi problemi di Ad Astra è proprio lo script. Saccheggiando grossolanamente tra i classici della letteratura (Cuore di Tenebra e Moby Dick) e i classici del cinema di fantascienza (2001: Odissea nello Spazio, Gravity, Solaris, Interstellar), Gray non riesce a creare una struttura solida e in alcuni momenti, il rischio “trash” è molto alto (vedi la scena horror con il babbuino o la sequenza dei “pirati della luna”, ebbene sì). Persino il rapporto padre/figlio risulta superficiale e poco ispirato, quando in realtà, dovrebbe essere la colonna portante del progetto. Forse le ambizioni del regista erano troppe elevate e “l’effetto Icaro” arriva inesorabilmente. Magari serve solo un po’ di tempo per digerire questo Ad Astra e, sempre magari, tra qualche anno diventerà anche un cult, ma per il momento non riesce a sfondare in questi primi giorni veneziani.

trash
“pirati lunari e scimmie spaziali”

cult
“la straordinaria fotografia di Hoyte Von Hoytema”

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