Man in the Dark (2016)

RESPIRI PIANO SENZA FAR RUMOOORE

Tre ladruncoli di periferia decidono di derubare la casa di un veterano di guerra diventato cieco. Quello che sembra essere il colpo più facile della loro vita, si trasformerà in un terrificante gioco al massacro. Ragazzi, lo ribadiamo; ultimamente le più grandi soddisfazioni cinematografiche arrivano dal genere horror. Dopo la Detroit spettrale di It Follows di David Robert Mitchell, ecco la Detroit “mozzafiato” di Fede Alvarez. Classe 1978, Alvarez si è fatto notare al grande pubblico con il divertente remake de La Casa, riuscendo nell’impresa di rivedere il cult di Sam Raimi con intelligenza e un pizzico di furbizia. Sempre prodotto da Sam Raimi, Alvarez ci riprova con il suo secondo film, Man in the Dark. Libero dalle regole dei remake, il regista scrive (insieme al fidato Rodo Sayagues) una sceneggiatura originale che omaggia il cinema del grande Alfred Hitchcock, ma soprattutto David Fincher. Prendendo spunto da Panic Room, film che Fincher realizzò nel 2002, Alvarez costruisce un piccolo gioiello di tensione e suspense, con un ritmo pazzesco e alcuni colpi di scena molto riusciti. Il titolo originale (Don’t Breathe, molto meglio di quello italiano) è la perfetta sintesi di un film che non ha paura di essere un B-Movie e trova la propria dimensione grazie ad una regia accurata e mai banale. Jane Levy (che abbiamo apprezzato ne La Casa) è molto brava a fare il “topo in gabbia”, ma la parte del leone è di Stephen Lang, strepitoso cieco psicopatico che ruba continuamente la scena. Un thriller/horror solido e a tratti sorprendente, che inchioda letteralmente alla poltrona e ti obbliga a trattenere il respiro per quasi tutta la sua durata. Sconsigliato a chi soffre di attacchi d’ansia.

trash
“un finale un po’ insoddisfacente”

cult
“Stephen Lang”

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