You Were Never Really Here (2018)

L’INCUDINE E IL MARTELLO

You Were Never Really Here è un film che ti penetra nel cervello e ti colpisce come un martello (letteralmente). Credetemi, quando dico “colpisce come un macigno”, significa che la potenza di alcune scene è veramente incredibile. La storia, tratta dal romanzo omonimo di Jonathan Ames, racconta di Joe, ex veterano di guerra ed ex agente FBI, che soffre di stess post-traumatico e deve accudire l’anziana madre. Per sopravvivere, fa il sicario e va alla ricerca di ragazzine scomparse. La regista Lynne Ramsay sa il fatto suo e costruisce un thriller dell’anima intenso, secco e brutale. Evitando facili spettacolarismi, la regista ci porta all’interno di una vicenda raccontata per gradi, all’inizio quasi sussurrata, fino all’esplosione finale grondante sangue. I traumi del passato di Joe non ci vengono mai mostrati chiaramente, solo flash veloci, ma funzionano perfettamente. Joaquin Phoenix si trasforma, fisicamente e psicologicamente, in un uomo robusto ma fragile, stanco di vivere e che non riesce (o non può?) a farla finita. La svolta di sceneggiatura a metà pellicola, trasforma il thriller interiore in thriller urbano, dove la Ramsay spinge sul pedale della violenza (a tratti insostenibile), e omaggia in diversi punti il cinema horror. Echi di Taxi Driver, echi di Drive, echi di Leon, echi di Psycho, ma la parabola di Joe è tanto originale quanto stordente. E indimenticabile.

trash
“un leggero déjà vu”

cult
“uno straordinario Joaquin Phoenix”

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